CARO-VITA, BOLLETTE FUORI CONTROLLO, BUSTE PAGA PIÙ LEGGERE, SANITÀ AL COLLASSO. MELONI DOVE SEI?
Mentre il governo dà la colpa a fantomatici complotti, continua a riempirsi la bocca con record inesistenti e promesse non mantenute, senza prevedere né soluzioni né sostegni, nel mondo reale il Pil è inchiodato a uno 0 virgola, le bollette sono aumentate del 44% in un anno, la cassa integrazione sta crescendo a dismisura; siamo al ventitreesimo calo consecutivo della produzione industriale e i salari sono fermi. A colpire il sistema sociale e produttivo del nostro Paese è una crisi che ha impatti devastanti sui redditi e il potere d’acquisto delle famiglie. L’Italia è in bolletta. Meloni dove sei?

Alla conferenza di fine anno Giorgia Meloni ha persino evitato di rispondere a una domanda sul caro-bollette, definendola una questione “alla quale non si può rispondere in 20 secondi”. Sono gli stessi 20 secondi che ha impiegato per cancellare il mercato tutelato, decidere di non tassare gli extra profitti delle banche, togliere il reddito di cittadinanza a migliaia di famiglie, regalare miliardi alle industrie delle armi, prendere in giro i pensionati alzando le minime di 1,80 euro, cancellare il fondo per la povertà educativa, eliminare Opzione donna. 20 secondi di assoluta vergogna.
È tempo che tutti i cittadini indignati e delusi scendano in piazza, è tempo che il Paese si mobiliti e metta il governo Meloni davanti ai suoi fallimenti e alle sue responsabilità. Servono risposte, e servono ora.
Ecco le nostre.
LE PROPOSTE
Dopo la stangata del 2022, dovuta principalmente alla guerra russo-ucraina, l’inflazione ha continuato a colpire duramente gli italiani, soprattutto nei consumi vitali. Nel 2023, primo anno di Giorgia Meloni al Governo, il costo degli alimentari ha fatto segnare un +9,8%, impattando sul carrello della spesa che ha chiuso l’anno con un altrettanto pesante +9,5%. Il prezzo degli alimentari ha continuato a crescere nel 2024, con un +2,2% che si somma all’inflazione dei due anni precedenti. A gennaio 2025, poi, l’Istat ha reso noto che il costo dell’energia ha fatto registrare un +27,8% rispetto a gennaio 2024. Insomma: se l’indice generale dell’inflazione si è attenuato, purtroppo ciò non è avvenuto per i beni essenziali, il cui aumento di prezzo penalizza soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione.
Nel 2022-2023 l’inflazione generale cumulata ha fatto segnare un +13,8%. Di fronte a questo macigno, lo sporadico aumento degli stipendi, legato a qualche rinnovo contrattuale, non ha minimamente consentito il recupero del potere di acquisto dei lavoratori. Secondo l’Ocse, l’Italia nel 2024 è stato il Paese con il maggior calo di potere d’acquisto delle famiglie rispetto all’anno pre-pandemia, con un allarmante -6,9%. Considerando che fino al 2021 in Italia l’inflazione è stata bassissima, è evidente che la responsabilità di questo calo è da ascrivere all’inflazione del biennio 2022-2023, che il Governo Meloni non è stato minimamente in grado di contrastare.
Noi, in particolare nell’ultima legge di Bilancio, abbiamo proposto diverse soluzioni per sostenere gli italiani di fronte a tale erosione del loro potere d’acquisto:
- Un aumento delle pensioni minime di 100 euro al mese
- Un contributo integrativo per i cassintegrati al fine di aumentare in media di 300-400 euro al mese il loro trattamento;
- L’introduzione di un salario minimo a 9 euro lordi l’ora
- L’introduzione di un ‘cashback’ fiscale/sanitario per accreditare direttamente sul conto corrente degli italiani il valore delle detrazioni fiscali legate a spese sostenute con moneta elettronica, a partire dalle spese sanitarie
Avevamo proposto di coprire questi interventi con una vera tassazione degli extraprofitti, a partire da quelli bancari; con l’inasprimento della digital tax sui colossi del web; con un contributo sulle grandissime fortune; con un taglio dei Sussidi ambientalmente dannosi; con il definanziamento delle spese per armi.
Il Governo Meloni non ha voluto prendere in considerazione nessuna di queste proposte, in una Manovra che ha puntato tutto su un’autentica truffa, ovvero il taglio del cuneo fiscale. Una misura che, come dimostrano tutte le simulazioni, nel 2025 toglierà addirittura soldi in busta paga alla maggior parte dei 15 milioni di lavoratori dipendenti coinvolti dalla misura. Ad essere penalizzata, incredibilmente, è soprattutto la fascia di contribuenti che sta tra gli 8.500 e i 9mila euro di reddito annuo, destinati a perdere fino a 100 euro al mese.
Cittadini e imprese nel 2025 pagheranno 13,7 miliardi in più di energia, rispetto all’anno scorso. Una stangata per 5,6 milioni di famiglie che già oggi stanno con giacche e coperte dentro casa o spengono i frigoriferi per evitare salassi, e che pagheranno 1.000 euro in più all’anno.
A quei cittadini avremmo detto che l’emergenza climatica e ambientale è aggravata dalla dipendenza dell’Italia dalle fonti fossili e dall’assenza di una visione di lungo periodo che punta su energia pulita, accessibile e rinnovabile, capace di ridurre la volatilità dei prezzi, costruire una maggiore sicurezza energetica e proteggere cittadini e imprese. Non avremmo parlato di un’Italia hub del gas, perché lo tsunami dei rincari di oggi è dovuto proprio alla nostra dipendenza dal gas, una fonte di energia che non può sottrarsi alle dinamiche globali, non dominabili, degli aumenti di prezzo. Non avremmo nemmeno proposto il ritorno al nucleare, una tecnologia che richiederà anni e costi elevatissimi per il suo sviluppo e che, quindi, non può essere una soluzione ai problemi di oggi.
Nel nostro pacchetto di proposte contro il caro-bollette (CONSULTA LA MOZIONE SUL CARO-BOLLETTE: https://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=1/00390&ramo=CAMERA&leg=19) ci sono soluzioni immediatamente praticabili per dare sollievo a imprese e famiglie in difficoltà, tra cui:
- rivedere gli oneri di sistema per traslarli sulla fiscalità generale;
- alzare il limite ISEE per percepire il bonus sociale per l’energia;
- istituire fondi per ridurre gli aumenti del costo dell’energia, come il fondo di solidarietà per famiglie e imprese, un fondo per gli enti locali, che altrimenti dovranno rivalersi di nuovo sui cittadini;
- accelerare sulle comunità energetiche rinnovabili, che abbattono strutturalmente i costi in bolletta, aumentano l’autosufficienza dei territori e democratizzano l’energia; potenziare l’efficienza energetica, rilanciando misure strutturali che permettono di ridurre i consumi e abbattere i costi energetici nel lungo periodo.
È utile ricordare che mentre Giorgia Meloni ha preferito investire 500.000 euro per aumentare gli stipendi dei ministri non parlamentari, 15 mld di euro per il Ponte sullo Stretto, 7,5 mld di euro come spesa aggiuntiva in armi e difesa, 1 mld di euro per i Centri per il Rimpatrio in Albania, per il biennio 2021-2022 con il M5S al governo sono stati stanziati 55 miliardi per contrastare il caro-bollette.
La sanità italiana è in codice rosso. Il Servizio sanitario nazionale è al collasso, fatica a garantire le cure ai cittadini e soffre la concorrenza del sistema privato. Medici e infermieri, che in pandemia abbiamo tutti chiamato “eroi”, vengono spremuti all’inverosimile con turni massacranti ed esposti al rischio delle aggressioni in corsia, in cambio di uno degli stipendi più bassi d’Europa. Quattro milioni e mezzo di italiani rinunciano ogni anno a curarsi per la lunghezza delle liste d’attesa e i costi delle alternative private.
In questo drammatico contesto, il governo Meloni continua a riempirsi la bocca con record inesistenti e promesse non mantenute, ma di fatto definanzia la sanità pubblica, riportandola a quasi vent’anni fa. In pochi anni, il livello delle risorse destinate alla sanità raggiungerà il punto più basso di sempre: è questo l’unico, vero record del governo Meloni. Nel frattempo vara decreti inutili come quello sulle liste d’attesa, non assume medici e infermieri, non perde occasioni per fare regali alla sanità privata.
Stanno trasformando il diritto alla Salute, l’unico definito “fondamentale” dalla Costituzione, in un privilegio per pochi, per chi ha i soldi per permettersi le cure, per chi nasce nella regione giusta.
Le nostre proposte prevedono:
- di riportare il finanziamento della sanità pubblica in linea con la media europea per incidere davvero su liste d’attesa e condizioni dei pronto soccorso;
- di assumere medici e infermieri e di alzare i loro stipendi;
- di riformare il Titolo V della Costituzione per riportare la sanità sotto il controllo dello Stato e azzerare le differenze territoriali;
- di togliere la sanità dalle mani della politica e di tornare a premiare il merito nelle nomine sanitarie, per garantire trasparenza ed efficienza e combattere spreco e clientelismo.
Tra le varie panzane dette da Meloni c’è anche questa: “Sui salari c’è un cambio di passo”. Per il suo e per quello dei suoi ministri, a cui con l’ultima legge di Bilancio la maggioranza ha aumentato gli stipendi con la formula del “rimborso spese” per le trasferte, certamente sì. Milioni di italiani, al contrario, continuano ad essere schiacciati da rincari energetici e inflazione.
Per evitare di dire l’ennesima falsità, una premier che si vanta di non leggere i giornali avrebbe dovuto quantomeno sfogliare uno dei tanti studi e analisi dei principali Istituti del Paese. Di recente è stato l’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, a mettere nero su bianco come negli ultimi anni “l’indice delle retribuzioni contrattuali generale è cresciuto solo del 6,6% rispetto al +15,9% dei prezzi al consumo per famiglie, operai e impiegati, con una differenza di crescita del -9,3% che ha ridotto il potere di acquisto delle retribuzioni”. Non solo. Tra i lavoratori dipendenti, “gli operai sono risultati i più penalizzati”.
Insomma: quello che si sta creando è lavoro povero.
Lo provano alcuni dati. Un terzo dei contratti attivati nei primi 9 mesi del 2024 sono stati part-time; rispetto al 2023 sono cresciute le cessazioni (sia per ragioni economiche sia per fine contratto), le richieste di cassa integrazione (aumentate del 20%; nel manifatturiero, invece del +30% con un aumento più del doppio rispetto al 2019), e le richieste di disoccupazione (+4,3% di NASpI e Discoll). Quasi 119mila i lavoratori che rischiano il posto a causa delle crisi aziendali, con una produzione industriale in calo da 22 mesi consecutivi e l’assenza di un piano industriale per il Paese.
Non è un caso se nel IV trimestre 2024 il Prodotto interno lordo è rimasto fermo, e su base annua è cresciuto metà di quanto previsto dal Governo nel Psb, il Piano strutturale di bilancio (+0,5%). Alla fine, aveva ragione il ministro Giorgetti: il Pil 2024 ci ha sorpreso, ma in negativo.
Davanti a tale situazione, il Governo ha bocciato tutte le nostre proposte, tra cui:
- l’introduzione del salario minimo a 9 euro l’ora;
- il riconoscimento di un’indennità aggiuntiva per i lavoratori in cassa integrazione;
- il congedo paterno paritario.
In compenso, Meloni&Co. hanno cancellato il Reddito di cittadinanza – che fra il 2020 e il 2022 ha permesso a quasi 2 milioni di persone di uscire dalla povertà – sostituendolo con due misure, Assegno di inclusione e Supporto formazione lavoro, che si sono rivelate totalmente fallimentari. Risultato? Il record di poveri assoluti, 5,7 milioni (di cui 1,3 milioni minori), oltreché il taglio della platea dei beneficiari dei sussidi e di 2,3 miliardi di euro ai fondi per il contrasto alla povertà.
Con la destra l’Italia cola a picco e i cittadini pagano il salatissimo conto.
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