
Restituire alla collettività gli immobili confiscati è fondamentale, perché colpire i beni, i profitti e le ricchezze illecite non solo indebolisce concretamente le organizzazioni criminali, ma manda anche un segnale chiaro su quale modello di comunità intendiamo difendere.
In Emilia-Romagna, grazie all’impegno della Giunta regionale e al lavoro che coordino come Assessora con delega alla Legalità, il percorso di recupero dei beni confiscati alla criminalità viene portato avanti con determinazione: da simboli di sopraffazione a strumenti di solidarietà, coesione, cultura e inclusione.
Un anno fa siamo entrati nella Giunta emiliano-romagnola siglando un accordo di maggioranza fondato su obiettivi chiari. Come Movimento 5 Stelle stiamo seguendo tre grandi linee di lavoro, trasversali e centrali per orientare l’azione politica regionale: Agenda Digitale, per guidare la trasformazione tecnologica e rendere i servizi pubblici più semplici e accessibili anche nelle zone remote; Contrasto alle povertà, per ridurre le disuguaglianze e promuovere inclusione sociale; e Legalità, per rafforzare la giustizia e combattere mafie e criminalità organizzata.
La legalità è da sempre un tema centrale per il M5S, soprattutto nel nostro territorio dove purtroppo non si parla più di infiltrazione ma di radicamento, come dimostrano processi e recenti inchieste che hanno evidenziato un fenomeno tutt’oggi molto preoccupante. In Emilia-Romagna il numero di beni immobili confiscati è cresciuto al punto da richiedere interventi strutturati per recuperarli, valorizzarli e riportarli nel circuito civile e sociale. Per questo abbiamo incrementato i fondi destinati al recupero e alla valorizzazione dei beni confiscati, sostenendo progetti di riuso sociale e culturale che trasformano simboli di sopraffazione in spazi di comunità, partecipazione e legalità.
Solo nel 2025 abbiamo finanziato 39 progetti in tutte le province, con oltre 1,1 milioni di euro di contributi regionali. Tra questi, 15 immobili confiscati – molti legati all’inchiesta “Aemilia” – verranno restituiti alla comunità, trasformandosi in abitazioni, centri sociali, spazi per l’inclusione, la cultura e la partecipazione.
Si tratta di un traguardo storico: è la prima volta che in un solo anno viene recuperato un numero così significativo di beni. L’obiettivo è restituire dignità e opportunità a territori, quartieri e persone. I beni confiscati, una volta recuperati, diventano luoghi pubblici destinati a servizi per la comunità — come spazi educativi, culturali, sportivi o ricreativi — oppure offrono soluzioni di accoglienza e sostegno a persone in difficoltà, rispondendo ai bisogni legati all’abitare, alla marginalità e alla fragilità sociale.
Restituire questi spazi alla comunità significa trasformare un’origine di svantaggio in un’opportunità di sviluppo e legalità, rendendo gli immobili veri “presidi di legalità”, aggiornando la mappatura georeferenziata dei beni confiscati in collaborazione con l’Università di Bologna e promuovendo esperienze di volontariato destinate ai giovani.
Due esempi concreti: due beni immobili confiscati a Reggio Emilia, epicentro dell’inchiesta Aemilia, il più grande processo contro l’‘ndrangheta del Nord Italia. Il loro recupero assume un significato che va oltre il valore economico dei beni. Si tratta di un’imponente villa e di una villetta al grezzo. L’intervento prevede il restauro degli immobili e la sistemazione dei locali e degli arredi. Il recupero punta a offrire una risposta abitativa temporanea alle famiglie in difficoltà, ad attivare presìdi di prossimità per le persone più fragili e a mettere a disposizione spazi adeguati per i servizi socio-educativi del territorio. A Sorbolo Mezzani, invece, in provincia di Parma, andiamo a recuperare 13 unità abitative e spazi comuni in un complesso immobiliare molto esteso, all’interno di un vero e proprio quartiere confiscato, il più grande del Nord Italia, rendendoli effettivamente fruibili da famiglie bisognose.
Questo è il vero risarcimento: non solo togliere alle mafie, ma restituire ai cittadini, con trasparenza, dibattito e partecipazione. Dimostrare che le istituzioni possono essere dalla parte giusta della storia. Solo così i beni liberati diventeranno semi di dignità, memoria e futuro. Restituire questi beni alla collettività è un atto politico, e l’Emilia-Romagna dimostra che è possibile farlo con coraggio, coerenza e umanità.