Green pass: il “palazzo” non è immune

In questi mesi di pandemia, dall’ormai fatidico 20 febbraio 2020, il Parlamento è sempre stato soggetto alle stesse regole sanitarie adottate per gli altri posti al chiuso: dal controllo della temperatura all’obbligo di mascherina, dal distanziamento e al divieto di assembramento. Regole dettate innanzitutto da motivi sanitari, dato che il virus non conosce confini, oltre che dal buon senso.

Dal 15 ottobre, oltre 23 milioni di lavoratori italiani saranno chiamati a rispettare l’obbligo di Green Pass. Una scelta inevitabile per scongiurare il ritorno a una nuova stagione di chiusure e restrizioni. A questo dovere, non può sottrarsi la classe politica. Le regole devono valere per tutti: tenere fuori dalla certificazione Covid i palazzi della politica equivarrebbe ad avallare un privilegio che i cittadini italiani non potrebbero tollerare. L’immagine che ne deriverebbe sarebbe quella di un Palazzo arroccato sui suoi privilegi.

Per noi, che abbiamo nel nostro Dna l’opposizione a qualsiasi privilegio, il Parlamento è la casa degli italiani che deve sottostare alle stesse norme che valgono per tutti i comuni cittadini. Chi vi accede, parlamentari, dipendenti o esterni, deve avere il Green Pass. Esattamente come tutti gli altri luoghi di lavoro. Abbiamo una campagna vaccinale da portare avanti e ancora tanti cittadini esitanti da convincere: è essenziale che la politica dia il buon esempio o altrimenti rischia di perdere credibilità. Con tutte le conseguenze che ciò comporterebbe.