La manovra di guerra di Giorgia Meloni

Quella presentata dal Governo Meloni non è una manovra economica pensata per sostenere famiglie, lavoratori e imprese. È una scelta politica precisa: austerità per la vita quotidiana degli italiani, espansione per la spesa militare.
Il dato è chiaro. Nel prossimo triennio sono previsti 23 miliardi di euro aggiuntivi destinati alla difesa. Per arrivarci, il Governo riduce il deficit non per investire nello sviluppo, ma per attivare le clausole che consentono nuovo debito destinato agli armamenti. Questa è la vera priorità della Manovra: le armi.

E come si finanzia questa operazione? Con tagli e tasse. Il 60% delle risorse arriva da riduzioni di spesa: cinque miliardi sottratti al PNRR rimodulato, oltre due miliardi di tagli lineari ai ministeri, con effetti diretti su trasporti, mobilità locale, energia e servizi essenziali. Nel frattempo, la pressione fiscale raggiunge il 42,8%, il livello più alto degli ultimi dieci anni. Il tanto sbandierato taglio dell’Irpef si traduce in un beneficio reale che destina 4 euro al mese ad un operaio, mentre la sanità resta ferma al 6,4% del PIL, ben al di sotto della media europea, proprio mentre la spesa militare continua a crescere.

Il risultato è una Manovra che definanzia il Paese reale. I salari restano ancora inferiori del 9% rispetto al 2021. L’industria crolla. L’età pensionabile continua ad aumentare. Le famiglie indigenti ricevono assegni e sostegni minimi, insufficienti a contrastare il caro vita.

Di fronte a tutto questo, il Movimento 5 Stelle propone un’alternativa netta. Diciamo no alla Manovra di Guerra e sì a una Manovra per salari, sanità, famiglie e imprese. A partire dal lavoro: innalzare la no tax area da 8.500 a 20.000 euro significa mettere fino a 150–160 euro al mese nelle tasche dei redditi più bassi. Per le famiglie serve un sostegno reale alla natalità e al caro vita: 70 euro in più al mese sull’assegno unico. Per le imprese, politica industriale vera, non bonus spot: ripristino di Transizione 4.0, con crediti d’imposta per investimenti, innovazione e produttività. Per la sanità pubblica, un finanziamento progressivo fino al 7% del PIL, per ridurre le liste d’attesa, assumere personale e fermare la privatizzazione strisciante. Per le pensioni, stop all’aumento automatico dell’età pensionabile, tutela dei lavori gravosi e fine dell’idea del “lavorare per sempre”.
Le coperture ci sono. Basta scegliere. Più tasse sugli extraprofitti bancari ed energetici, una digital tax più incisiva sui colossi del web, una tassazione sulle transazioni finanziarie speculative e una riduzione della spesa militare.

La differenza è tutta qui: da una parte una Manovra che prepara la guerra e scarica il conto sugli italiani; dall’altra soluzioni immediate per cambiare il destino di questo Paese.