La violenza contro le donne è una strage che dobbiamo fermare

Per anni ci hanno deriso. Per anni hanno bollato come “ideologia” ciò che per noi era semplice buon senso: chiamare il femminicidio col suo nome, affermare che senza consenso è violenza, portare l’educazione sessuale nelle scuole. Oggi la stessa maggioranza che rideva… vota. Sono finalmente usciti dagli slogan. È un passo avanti, certo. Ma chi ha resistito alla verità per anni deve anche accettare che la strada è ancora lunga. Prima o poi la destra si accorgerà che servono misure strutturali. Serve un congedo paterno vero, paritario, che scardini quella divisione dei ruoli che alimenta disparità, dipendenze e sopraffazioni. Servono politiche di prevenzione rivolte agli uomini che la violenza la esercitano: i Centri per uomini autori di violenza oggi registrano accessi triplicati, ma risorse insufficienti. Senza sostegno rischiano di fermarsi proprio mentre servirebbero di più. Aiutarli significa proteggere davvero le donne. Intanto, la Premier ripete che abbiamo un “record” nell’occupazione femminile. Peccato che nel mondo reale le lavoratrici restino intrappolate fra contratti fragili, stipendi più bassi e nessun congedo paterno degno di questo nome. E quando solo il 40% delle donne ha un conto personale, l’autonomia è un lusso, perché se è difficile andarsene lo è ancor di più quando non puoi permetterti di andartene. Altro elemento critico è la tratta che coinvolge donne e bambine, la maggior parte delle quali viene immessa nello sfruttamento sessuale. Non se ne parla mai quando si parla di violenze eppure è un problema che non possiamo permetterci di ignorare.

In Italia 1 donna su 3 è vittima di violenze fisiche o sessuali. Sono circa 6 milioni e 400mila (il 31,9%) le donne italiane dai 16 ai 75 anni di età ad averle subite almeno una volta nel corso della loro vita, e troppo spesso da parenti, amici, colleghi o conoscenti, in un contesto in cui per 1 maschio su 5 la violenza sulle donne è giustificata.

I femminicidi sono solo l’ultimo anello di una catena di violenze che inizia molto prima, nelle crepe quotidiane che rendono le donne più vulnerabili e meno libere. E allora iniziamo a cambiare le condizioni che la rendono tale.

Rendiamo strutturale l’educazione affettiva e sessuale nelle scuole.
Rafforziamo i centri antiviolenza e quelli per gli uomini maltrattanti.
Riconosciamo il congedo paterno paritario.
Sosteniamo l’indipendenza economica delle donne che denunciano.
Facciamo formazione per gli operatori che entrano in contatto con le donne.

Ogni donna deve essere viva, libera, al sicuro.

Le leggi che votiamo oggi dimostrano una cosa semplice: che avevamo ragione. Ora, però, servono coerenza, investimenti e coraggio. Perché la violenza non si batte con i proclami, ma con scelte che cambiano davvero la vita delle donne. E degli uomini. Tutti.