“Le condizioni economiche per la pace”: un’alternativa è possibile

Martedì 10 giugno si è tenuta al Parlamento europeo l’iniziativa “Le condizioni economiche per la pace”, organizzata dai nostri europarlamentari Pasquale Tridico, Gaetano Pedullà e Danilo Della Valle. Un incontro importante, che ha visto la partecipazione di figure di primo piano del dibattito politico ed economico europeo e internazionale: oltre al Presidente Giuseppe Conte erano infatti presenti Yanis Varoufakis, economista ed ex Ministro delle Finanze greco, e Jeffrey D. Sachs, professore di Economia alla Columbia University.

L’iniziativa parte da un appello pubblicato sul Financial Times e sostenuto da Emiliano Brancaccio e altri economisti internazionali. L’appello è stato lanciato a un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, con una posizione chiara: rifiutare la narrazione dello “scontro di civiltà” e porre invece l’attenzione sul ruolo delle contraddizioni economiche globali che alimentano i conflitti.

In un’Europa sempre più segnata da tensioni internazionali, spese militari in crescita e politiche economiche che derubricano il benessere sociale a interesse secondario, diventa essenziale riportare al centro del dibattito il ruolo che le scelte economiche giocano nella costruzione della pace. La pace non è solo il risultato dell’assenza di conflitti armati: è anche e soprattutto il frutto di giustizia sociale, equità economica e riduzione delle disuguaglianze.

Questo assume un significato ancora più urgente oggi: pensare a una soluzione duratura per la Palestina, ad esempio, significa anche ripensare alle dinamiche economiche che alimentano l’occupazione. Parlare di pace senza affrontare le radici economiche dell’oppressione e della guerra è un esercizio sterile. Ecco perché discutere di politiche economiche non è un tecnicismo, ma un atto profondamente politico.

La crisi dell’attuale ordine economico globale, sempre più frammentato, rivela l’intreccio profondo tra geopolitica ed economia: lo spostamento delle catene del valore, la guerra dei dazi e l’ascesa di un blocco economico alternativo a trazione cinese (BRICS, BRI, RCEP) dimostrano che non si può comprendere l’instabilità internazionale senza leggere le tensioni nei flussi commerciali e nella distribuzione del capitale.

Le scelte di riarmo e rafforzamento dell’industria bellica a discapito dei reali bisogni dei cittadini europei, messe in atto dalla Commissione europea di Ursula von der Leyen, stanno portando l’Unione sempre più lontana dai suoi valori fondanti di cooperazione e solidarietà.

In un mondo in cui i legami economici globali stanno ridefinendo le alleanze e acuendo i conflitti, costruire la pace significa anche saper leggere i segnali di crisi di un modello basato sulla competizione armata per il controllo delle risorse.

In questo contesto, eventi come questo servono ad accendere un faro di speranza, una bussola morale e politica per chi vuole costruire un’Europa diversa.

È urgente creare le condizioni per un’alternativa concreta a questo Esecutivo europeo che ci sta portando sull’orlo del baratro: solo riportando al centro della politica il tema della giustizia economica possiamo davvero sperare in un futuro di pace.