Italia prima in UE per Neet, non è un paese per giovani

di Susy Matrisciano

L’Italia è prima in Europa per numero di giovani tra 15 e 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono in cerca di un’occupazione. La quota dei giovani 18-24enni che escono dal sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un diploma o una qualifica nel 2021 invece sale al 12,7%: un dato di gran lunga superiore rispetto al limite massimo del 10% fissato in sede europea. Il nostro Paese ai giovani più istruiti e qualificati, non offre ancora opportunità d’impiego adeguate. E così, nel 2020, stando all’indagine sul Benessere equo e solidale 2021 dell’Istat, nonostante le limitazioni alla mobilità imposte per contenere la diffusione del virus e l’incertezza generale, le emigrazioni all’estero e dal Mezzogiorno d’Italia al Centro-Nord di giovani laureati si sono addirittura intensificate rispetto al 2019, in netta controtendenza rispetto ai trasferimenti di residenza della popolazione, con il Mezzogiorno, che ha perso 21.782 giovani laureati.

 Il Movimento 5 Stelle da tempo sollecita un intervento. E’ tempo di cambiare strategia fuori da ogni retorica. Le politiche per il benessere dei giovani devono essere considerate una priorità nazionale. Servono interventi strutturali, come quelli che il ministero per le Politiche giovanili guidato dalla nostra Fabiana Dadone con la campagna NEET Working Tour ha avviato per accendere i riflettori sul fenomeno dei Neet, ascoltare le richieste dei giovani nelle piazze italiane e tradurle in politiche capaci di rispondere ai loro bisogni. 

Anche il Parlamento, dal canto suo, ha deciso di aprirsi all’ascolto dei giovani, avviando dopo i tragici incidenti mortali che hanno coinvolto due giovani tirocinanti, un’indagine conoscitiva in commissione Lavoro al Senato, che presiedo, sui canali d’accesso al mercato del lavoro dei giovani e sulla formazione. Ne è emerso un quadro a tinte fosche, che impone di non perdere altro tempo e che il Movimento 5 Stelle ha tradotto in proposte politiche da adottare quanto prima. 

Come ha ampiamente sottolineato anche l’Istat nel rapporto Bes 2021, servono interventi strutturali,  improntati al benessere di bambini e giovani e investimenti su scuola e università, occorre potenziare le reti dei servizi territoriali per la cultura, lo sport e il tempo libero e poi c’è da affrontare il nodo, non più rinviabile, dell’occupazione, soprattutto delle giovani donne. 

Già le misure messe in campo dall’ex ministra Catalfo e dal governo di Giuseppe Conte con gli gravi contributivi per nuove assunzioni hanno rappresentato una prima importante risposta per agevolare l’occupazione giovanile e femminile, ma le opportunità offerte dal PNRR non hanno precedenti se vogliamo affrontare in modo sistematico la profonda domanda di cambiamento, che arriva dal Paese. Occorre uno scatto in avanti, abbiamo il dovere di fare di più.

Il Movimento 5 Stelle ha elaborato alcune proposte per arginare l’uso indiscriminato di stage e tirocini, come l’introduzione di un’indennità per i tirocinanti insieme a un sistema di monitoraggio, che consenta di verificare quanti tirocini finalizzati all’inserimento lavorativo nelle aziende si siano effettivamente trasformati in contratti di lavoro, attraverso valutazioni ex post. E ancora la comunicazione obbligatoria in caso di attivazione di tirocini curriculari, l’armonizzazione della normativa regionale in tema di formazione per renderla omogenea su scala nazionale, la previsione di spazi di coworking gratuiti per i giovani imprenditori e il potenziamento dei controlli.
La politica ha il dovere di intervenire, affinché tirocini o stage non si traducano più in un escamotage, per le aziende, per abbattere il costo del lavoro, eludere le norme sul lavoro subordinato o alimentare forme di precariato intollerabile.