Settimana corta, dopo la Gran Bretagna ora tocca all’Italia

A scriverlo, nero su bianco, è stato Il Sole 24Ore: “La settimana lavorativa corta funziona”. In Gran Bretagna, infatti, da giugno a dicembre dello scorso anno 2.900 lavoratori di 61 aziende hanno sperimentato la riduzione del tempo di lavoro – 32 ore settimanali anziché 40 – a parità di salario, con risultati sorprendenti. Il 92% delle stesse imprese ha riscontrato un aumento della produttività dei dipendenti, una riduzione dell’assenteismo e una crescita media del fatturato dell’1,4%, tanto da decidere di continuare ancora su questa strada.

In 18 Paesi nel mondo si sta già testando la “settimana corta”. Di recente, in Scozia e Spagna i governi hanno creato dei fondi pubblici per accompagnare le aziende che partecipano a progetti di riduzione delle ore di lavoro senza tagli alla retribuzione delle lavoratrici e dei lavoratori.

In Italia, invece, dove si lavora di più che in Germania e Francia ma la produttività è bassa e i salari stagnanti, sono ancora poche le imprese che hanno scelto di abbracciare questa prospettiva.

Nel 2020, con il Fondo Nuove Competenze (FNC) ideato dall’ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo (M5S) e inserito nel decreto Rilancio, il Governo Conte II ha introdotto una misura orientata in tal senso. Grazie al contributo dello Stato e dei fondi europei, il FNC prevede la destinazione di parte dell’orario di lavoro alla formazione al fine di accrescere le competenze dei dipendenti, garantendo loro il 100% della retribuzione mensile. Così facendo, le società avranno da un lato lavoratori più formati e, dall’altro, una diminuzione del costo del lavoro. Fino ad agosto 2022, il Fondo aveva coinvolto 720mila lavoratori di 14.500 imprese di piccole, medie e grandi dimensioni.

Un primo, importante passo, a cui ora devono seguirne altri.

Nel programma con cui ci siamo presentati alle ultime elezioni abbiamo lanciato una proposta chiara e precisa, che vogliamo strutturare insieme a sindacati e mondo produttivo: l’avvio di una riduzione del tempo di lavoro a parità di salario concentrata, in via sperimentale, nei settori a più alta intensità tecnologica, prevedendo – per le aziende che aderiranno – crediti di imposta, incentivi per l’acquisto di nuovi macchinari ed esoneri contributivi per nuove assunzioni.

Il progresso va accompagnato, non fermato. Facciamolo.